SEA, STEEL and SORROW
Con Maria Pansini e Federica Tourn. A cura di Photography Books & Zines Reviews
“Taranto è una città italiana situata nel sud-est della penisola. Fu fondata dagli Spartani nell’VIII secolo a.C. Grazie alla sua posizione strategica al centro del golfo, la città divenne una delle poleis più importanti della Magna Grecia, infatti oggi Taranto ospita il MarTA, un museo archeologico nazionale. È soprannominata la Città dei Due Mari per la sua posizione unica tra il Mar Grande e il Mar Piccolo. Taranto ha un legame intimo e indissolubile con il suo mare, sia per la pesca e l’allevamento dei mitili, sia per la presenza del porto e dell’Ar senale Militare della Marina Italiana. Dagli anni ‘60, Taranto è diventata anche la sede della più grande acciaieria d’Europa, l’ILVA, oggi denominata Acciaierie d’Italia. Per decenni l’industria ha rappresentato il pilastro dell’economia locale, fornendo migliaia di posti di lavoro in una zona d’Italia che soffriva cronicamente il problema della disoccupazione. In concomitanza con la crescita dell’industria, la città si è espansa, cementificando la costa con enormi edifici e sono sorti tristi quartieri periferici privi di servizi per ospitare i lavoratori provenienti dalle campagne e per trasferirvi gli abitanti della Città Vecchia, che gradualmente cadeva in abbandono. Tuttavia, dopo circa cinquant’anni di attività industriale, è venuta fuori l’altra faccia della medaglia: il disastro ambientale dovuto all’inquinamento, soprattutto quello causato dalle sostanze nocive emesse nell’aria dalle ciminiere dell’ILVA. Ne è emersa una situazione molto grave, una città con un tasso di tumori e di malattie respiratorie significativamente superiore alla media nazionale. L’acciaieria ha garantito negli anni crescita economica e sviluppo ma, allo stesso tempo, ha avvelenato il territorio. I suoi abitanti si sono trovati drammaticamente a subire il ricatto tra diritto al lavoro e di ritto alla salute. Nel 1955 il meridionalista Tommaso Fiore, a chiusura della sua celebre inchiesta “Il cafone all’inferno”, scrisse un reportage intitolato “Taranto non vuol morire”, la Taranto da lui descritta era una città che soffriva la fame e la disoccupazione, l’atavica inerzia della borghesia, l’assenza di un progetto di rinascita dopo la crisi dei suoi storici apparati produttivi. Taranto oggi rivive dinamiche simili in alcuni aspetti, ora che il colosso dell’acciaio langue la città vive una pesante crisi sia economica che ambientale e fatica a immaginare il suo futuro, provando a cercarlo nella sua storia e nel suo mare.