#BCM2020 - Diario di bordo 14 novembre

14/11/2020

Mia madre ha una gatta. Ora, se quella gatta fosse in una scatola con una sostanza radioattiva, ce ha la stessa probabilità di decadere oppure no e che al suo eventuale decadimento attivasse una fiala di cianuro, ecco, la gatta sarebbe sia morta sia viva contemporaneamente finché non guardiamo dentro al contenitore. Mia madre adora la sua gatta, non la metterebbe mai in nessuna scatola, ma forse il vero gatto di Schrödinger sono io. Ci sono dei momenti nella vita in cui devi guardare dentro quella scatola e scoprire in quale stato della materia ti trovi, fare i conti con quello che vuoi per il tuo futuro e prendere le decisioni che ti guideranno per gli anni che ti separano dalla prossima misurazione. È difficile guardare dentro quella scatola, soprattutto adesso che tutto sembra così precario, così incerto, ogni strada irta di ostacoli. Mentre ascolto la storia di Crepax, uno di quelli che ha segnato la mia adolescenza con i suoi disegni, con la sua arte, penso ai lati inaspettati della vita. Uno dei più grandi fumettisti italiani ha cominciato la sua carriera disegnando le copertine dei dischi in vinile; io li colleziono i vinili, è una di quelle cose che erediti e non può non affascinarti, il peso di un 33 giri, il suono della puntina, l’amore e l’attenzione, la ricerca delle edizioni, dei libretti, delle immagini. Ma, come i vinili, la storia di Crepax sembra appartenere a un altro tempo, un tempo che custodiamo con nostalgia, con l’istinto dei memorabilia, ma che noi, la generazione del nuovo millennio, non sentiamo nostro. Le nostre storie sono precarie, ci spingono verso soluzioni alle volte estreme, ribellioni dettate da necessità alla ricerca di uno spazio che sembra dover essere ritagliato con le unghie e con i denti in un mondo che non fa che stringersi e soffocarci. Alice e Tom, i personaggi di Thomas Gunzig, sono due di noi, due che cercano disperatamente la loro strada nel roveto della vita, impreparati ma spinti da un bisogno, un’ineluttabilità di vita che li spinge verso il futuro. Forse siamo disposti a tutto pur di costruire quello spazio, pur di cambiare un mondo che sembra rifiutarci, pur di darci una speranza e darla soprattutto a chi verrà dopo, perché abbiamo tutti un disperato bisogno di speranza.

                                            Bleiz Del Sette

La giornata è cominciata con un contrattempo: quando ho aperto i link che mi ero segnata per la giornata mi sono resa conto che il primo evento in calendario non era più in programmazione e l’ultimo aveva i posti esauriti. Nonostante questo inizio un po’ disorientante, oggi ho assistito a due degli eventi che più attendevo di questa edizione di BookCity. Alle 15.00, seguendo il link sulla pagina dell’evento, sono approdata sul canale YouTube del Covo della ladra, dove ho assistito a Lo spazio di ieri non è quello di oggi #readingclass con Licia Troisi, Alessandro Vietti, Stefano Sandrelli, i podcaster di Fantascientificast e Mariana del Covo della Ladra. Si è parlato di come è cambiata la percezione del cosmo nei secoli, di divulgazione, della relatività della percezione, di Marte e di quanto sia importante parlare di scienza (anche attraverso la fantascienza). Un dialogo fresco e frizzante, che, oltre ad avermi informata e fatta pensare mi ha intrattenuta e divertita. Alle 18.30, invece, ho assistito a Togliti di mezzo se vuoi campare a lungo in cui Riccardo Zanotti, frontman del mio gruppo italiano preferito, i Pinguini Tattici Nucleari, ha dialogato con Francesco Prisco del suo romanzo AHIA!, che sarà seguito da un album omonimo, dove durante il periodo del lockdown si è confrontato per la prima volta con una scrittura così estesa. Il cantante ha parlato dei suoi personaggi e di come ognuno di loro indossi una maschera che mostra agli altri ma che non corrisponde alla sua realtà interiore (ricollegando il discorso a Scooby Doo, canzone estratta dall’album uscito pochi giorni fa). Ha parlato di salvezza, della paura di non rendersi conto di non aver più niente da dire, dei suoi padri della musica, di fede, del suo legame con la natura e di come questa sia presente nel libro, delle dinamiche con gli altri componenti dei Pinguini tattici nucleari, di come si vede da vecchio e di come il vero romanticismo sia in realtà fatto più di pause che altro. Dopo la delusione iniziale nello scoprire che avrei potuto seguire la metà degli eventi che mi ero segnata, la giornata ha preso una piega diversa e mi ha portato a ricordare adesso questi due eventi con un sorriso sulle labbra.

                                            Alie Nguyen-Trinh

Se penso a questa quarta e penultima giornata di BookCity Milano, il termine più adatto a venirmi in mentre è l’aggettivo ambigua. Mi spiego meglio: ci sono stati momenti interessanti, momenti di conoscenza, di risate e anche di commozione ma, purtroppo, è successo anche quello che in termini forbiti potremmo definire “l’inconveniente del mezzo tecnico”, che, detto in parole povere, vuol dire che per via di probabili problemi di connessione, uno degli eventi che avrei dovuto seguire è stato annullato. Non facciamone una tragedia, può benissimo capitare nel particolare momento storico in cui ci siamo trovati, nostro malgrado, catapultati. E questo di certo non offusca minimamente il mio più che positivo giudizio sulla manifestazione. Fatta questa precisazione, è finalmente ora di concentrarsi su quello che di buono BookCity Milano mi ha offerto oggi. La mia giornata di ben sei conferenze (meno una) è iniziata nella mattinata con Il corpo e la scena. Michelangelo a Milano, interamente dedicata alla genesi e alla storia, anche critica, della Pietà Rondanini. Fin da bambina ho avuto un rapporto particolare con quest’opera e questa conferenza mi ha riportato alla mente la prima volta in cui il mio sguardo vi si è posato sopra: avevo sette anni, ero in gita scolastica ed era la prima volta in vita mia che mettevo piede a Milano. La Pietà Rondanini si trovava ancora collocata all’interno dell’allestimento vecchio. Non ricordo nulla di quella prima visita al Castello tranne, appunto, l’immagine dell’opera di Michelangelo, che da allora si è fissata nella mia mente e non vuole più lasciarmi. Forse a colpirmi è stato proprio il suo non finito, così diverso da tutto ciò che avevo visto fino a quel momento. Chissà se in quel primo lungo sguardo c’era già quel qualcosa di indefinito che mi ha portata anni dopo a studiare proprio arte? Lasciamo perdere queste domande senza risposta ma rimaniamo sempre sul tema dell’arte e passiamo al secondo evento della giornata: Gli imprevedibili gemelli della bellezza. Vite parallele di Mozart e Raffaello. L’incontro era volto alla presentazione del libro “Eterni ragazzi. Raffaello e Mozart due vite allo specchio” di Stefano Zuffi e ho ritenuto molto interessante l’alternarsi delle parole dell’autore con le opere di Raffaello e le musiche di Mozart. A questo incontro è susseguito Monsieur Daverio, il racconto ironico ma allo stesso tempo commovente sullo storico dell’arte recentemente scomparto Philippe Daverio, con testimonianze e divertenti aneddoti da parte della famiglia e dei collaboratori, il tutto alternato da spezzoni tratti dallo storico programma di Rai Tre Passepartout. La quarta conferenza, Simone Weil: Antigone ed Elettra voci oltre la forza, è stata per me una piacevole scoperta: essa era incentrata interamente sulla figura della pensatrice Simone Weil e sulla sua analisi di alcuni personaggi della tragedia greca. Ed è stata proprio l’accenno alla tragedia greca a portarmi a decidere di seguirla e posso assolutamente dire di non essermene pentita. La figura di Simone Weil merita un approfondimento. (Piccola parentesi: ma quanto è bello partecipare a rassegne come BookCity Milano e scoprire attraverso di esse qualcosa - o qualche persona, come in questo caso - che ti viene voglia di approfondire, anche a manifestazione finita? Come ho già detto in un precedente diario di bordo, è la magia e la bellezza di eventi come questo.) Quella che a sorpresa è stata la mia ultima conferenza della giornata era la presentazione di un libro di recentissima pubblicazione, Il bene e il male. Dio, Arte, Scienza, scritto a quattro mani dallo storico dell’arte Vittorio Sgarbi e il filosofo Giulio Giorello, anch’egli recentemente scomparso. Il libro è la raccolta di a alcune lunghe conversazioni che i due hanno avuto durante il periodo del primo lockdown.

                                                    Gaia Pesce