L’incontro “In gioco c’è la libertà. Voci dal carcere di Opera” si è tenuto presso il PIME (Pontifico Istituto Missioni Estere) di Milano. Hanno partecipato alcuni operatori di “Leggere Libera-mente”, un progetto che ha lo scopo di promuovere la lettura e la scrittura nel carcere di Opera, proponendo diversi laboratori in cui i detenuti possono mettersi in gioco attivamente. È stato presentato il progetto editoriale autobiografico "Guerra e pace: la posta in gioco è la libertà" sui temi della pace, delle guerre e dei processi di riconciliazione. È stato poi letto qualche brano scritto dai corsisti. Martino Menghi, con un brillante intervento, ha analizzato i motivi principali che portano gli uomini al delirio e, di conseguenza, ad assumere comportamenti aggressivi: la brama di ricchezza e quella di potere. Ha parlato del mondo come di una «macelleria internazionale» in cui gli scontri violenti sono all’ordine del giorno. Bisogna però prestare attenzione: se, da un lato, ci sono le guerre “esterne” di cui tutti siamo a conoscenza, dall’altro esistono conflitti interiori e personali che non sempre siamo in grado di percepire. Come ha sottolineato la pedagogista Mariangela Giusti, ogni testo del libro presentato affronta il binomio guerra-pace. È una tematica difficile, che ogni corsista ha rielaborato a suo modo: c’è chi ha scritto delle guerre che riguardano il mondo di oggi, chi della propria guerra interiore. Ciò che ha particolarmente colpito ed emozionato noi spettatori è stata la presenza di alcuni detenuti, i quali hanno ottenuto un permesso speciale per partecipare all’evento e leggere dal vivo i loro brani. Abbiamo ascoltato diversi testi in cui si sono messi completamente a nudo, esprimendo le loro emozioni più intime, parlando della propria famiglia, riconoscendo gli errori commessi in passato. L’idea di fondo di “Leggere Libera-mente”, come ha ben detto la psicologa Barbara Rossi, è esattamente questa: «Leggere come occasione di crescita, scrivere per pensare». Questa definizione è aderente a ciò che abbiamo visto durante l’incontro: uomini fragili ma allo stesso tempo forti e consapevoli, che hanno avuto il coraggio di riflettere sui loro sbagli e la forza di voler – e poter – rinascere. Il fatto che i detenuti fossero presenti ha sicuramente amplificato la carica emotiva dell’evento: a volte ci sembrano persone lontane da noi e dalla nostra realtà quotidiana, ma in quel momento erano lì, in piedi di fronte alla platea, ed è stato molto toccante. Questo progetto merita di essere conosciuto e apprezzato da tutti, perché è una vera e propria scuola di vita e di educazione alle relazioni affettive, che dà la possibilità ai corsisti di mettersi in gioco e di scoprire nuove passioni – la lettura e la scrittura – per ripartire da capo.
Aurora Pecci
In questa giornata fredda e nebbiosa di novembre, sono stata al teatro Franco Parenti, per la presentazione del libro Spettri di Monica Maggioni. Durante questo incontro si è messo a fuoco come dovremmo stare nel presente e come dovremmo interrogare il presente. In particolare il libro della giornalista vuole raccontare chi siamo e la nostra incapacità o non volontà di vedere. Siamo passati da un mondo in cui non si vedono le cose a un mondo in cui non si vogliono vedere le cose. Questo è stato un po’ il filo conduttore della presentazione. Molto interessanti e coinvolgenti sono state le letture di alcune pagine del testo, da parte di Livia Bonetti. Raccontando alcuni spettri che la giornalista ha incontrato, come Mahmoud Tawalbe, August Kreis e Stella Colnaghi, che ci hanno dato una visione di varie realtà molto preoccupanti, nella storia che stiamo vivendo in questi anni. Monica Maggioni ha sottolineato come la storia sia fatta di attraversamenti, ma sopratutto di persone, chi è dentro la guerra, non può vivere la vita che vuole, per loro non esiste una guerra a bassa intensità ma c’è La guerra. Noi ci illudiamo che la Storia sia quello che sentiamo alla televisione e nei talk show, ci affidiamo a risposte facili da 30 secondi, ma quel 7 ottobre 2023, con l’attacco di Hamas, è tornato lo spettro di un pezzo di Storia che abbiamo voluto lasciarci alle spalle. Quel 7 ottobre colpisce proprio quei mondi che vogliono parlare di più. Noi in realtà non ci rendiamo conto che Gli spettri non sono qualcosa di teorico ma sono qualcosa di reale, che ci riguarda, a volte sono cose che cerchiamo di rimuovere o di minimizzare, ma non possiamo ritenerli distanti dalla nostra realtà. Sono in mezzo a noi, restano sempre sotto il pelo dell’acqua, sono qualcosa di sotterraneo; abbiamo scelto di dimenticarli, ma prima o poi torneranno perchè sono la cattiva coscienza dell’Occidente.
Lucrezia Prati
In questa nebbiosa giornata a Milano, ho deciso di uscire un po’ dalla mia comfort zone, partecipando all’evento alla libreria Mondadori in piazza Duomo con le autrici Elysian, le quali hanno presentato il loro primo romanzo collettivo La capsula del tempo. Il titolo dell’incontro, "Elysian: otto autrici, un’unica storia" mi ha molto incuriosita - come è possibile scrivere un libro in otto? - e dunque sono andata a esplorare. È stato un incontro particolarmente simpatico, che mi ha fatto sentire a mio agio nonostante le origini narrative delle autrici, rappresentate dai romance, non rientrino normalmente nelle mie scelte di lettura. Descrivendo sinteticamente il romanzo, in modo tale da permettere a tutti di comprendere il contesto, la storia si innesta su due piani temporali: il passato, quando i protagonisti mettono all’interno di una capsula i propri segreti (che poi si riveleranno essere piuttosto compromettenti e fonte di scontri) e il presente, in cui i segreti vengono disseppelliti nel giorno della Vigilia di Natale, rendendo questa lettura adatta a questo periodo per chi ama leggere libri in tema. Inoltre, tra i protagonisti nascono delle storie d’amore, motivo per cui le autrici si sono divise in coppie, gestendo ciascuna una coppia di personaggi. Questo aspetto è risultato per me particolarmente interessante. Le autrici ci hanno infatti spiegato come, all’interno di ciascuna coppia, la scrittura sia stata quasi una “scrittura a staffetta”, in cui l’una passava il capitolo appena scritto all’altra, la quale proseguiva con quello successivo e così via man mano. In questi casi ovviamente è fondamentale avere una buona connessione e una buona sintonia con la propria partner, sia per lavorare in maniera serena e tranquilla, sia per avere lo stesso obiettivo finale. In aggiunta a ciò, ci hanno illustrato anche il processo di creazione dell’intero romanzo, che ovviamente coinvolge le otto autrici insieme e contemporaneamente. Partendo da un brainstorming iniziale sulla struttura del libro, si sono poi divise in coppie, lavorando così in gruppi più ridotti. Una volta formate le coppie, si è avuto un ulteriore brainstorming sulla storia della coppia di personaggi per poi iniziare la scrittura a capitoli. Conclusa questa parte, si sono nuovamente confrontate tutte insieme, trovando un accordo comune su alcuni aspetti, per poi chiudere il libro con l’epilogo. Dunque, come emerge dalla descrizione, si è senza dubbio trattato di un lavoro di forte collaborazione e direi anche di tanta pazienza. Sicuramente, una cosa che trovo particolare e avvincente è l’idea di scoprire a mano a mano chi si è occupata di quale personaggio, individuando attraverso la lettura del libro le caratteristiche particolari di ciascuna autrice. Probabilmente chi le conosce già, le riconosce subito o quasi, ma per chi è la prima volta, questo aspetto può sicuramente rappresentare un elemento di intrattenimento. In conclusione, è stato un incontro ironico e piacevole, che ha permesso di lasciare le strade buie e ingrigite di Milano dietro di sé e di mettere da parte per un’oretta la vita quotidiana, facendosi avvolgere da questo mondo e da queste autrici estremamente affabili e cordiali.
Livia Iacono
Sono sempre vere le storie raccontate nei film? Rispecchiano sempre la realtà storica dei fatti? Sono davvero delle fonti alle quali affidarci per conoscere e comprendere la storia passata? La scrittrice Stefania Limiti avrebbe risposto positivamente a queste domande se si fosse limitata a guardare soltanto la prima parte del film Esterno Notte del regista Bellocchio, ma dopo la visione del secondo spezzone della pellicola si rende conto di come la storia del caso Aldo Moro sia stata resa una scenografia cinematografica. Decide dunque di scrivere un libro nel quale “asciuga” le informazioni riguardanti il rapimento, i cinquantacinque giorni di prigionia e il ritrovamento del corpo senza vita del principale esponente della Democrazia Cristiana negli anni ’70, intitolato Quel che resta del caso Moro, edito da Interlinia. Sabato 16 novembre si è tenuta una conferenza dal titolo "Aldo Moro oltre la finzione cinematografica", un dialogo tra l’autrice Stefania Limiti e Gianni Barbacetto che ha delineato dettagliatamente e con aspetti nuovi, almeno per una ragazza giovane come me, il caso di Aldo Moro che mi ha sempre incuriosita e affascinata. Per dei ragazzi giovani, che non hanno vissuto in prima persona gli eventi riguardanti Aldo Moro e gli anni ’70 in Italia, è stato un momento molto interessante per scoprire e interessarsi a una parte della Storia nazionale che raramente viene trattata all’interno del programma scolastico. L’incontro si è concluso poi con un salto al nostro presente e con alcune considerazioni sulla politica attuale.
Aurora Mandelli
La nebbia che ha invaso la giornata di oggi sin dal mattino è scomparsa in parte grazie al bellissimo evento a cui ho partecipato, forse il mio preferito finora. Tenutosi al Museo di Storia Naturale, l’incontro intitolato "Siamo ciò che mangiamo?" ha ripreso la tematica fondamentale del cibo e del modo in cui la nutrizione si declina in chiave sociologica, antropologica e agronomica, che gli ospiti, moderati dall’antropologo Marco Aime, hanno portato alla XV edizione del festival Dialoghi di Pistoia. Giulia Cogoli, Stefania De Pascale, Adriano Favole e Luisa Stagi: numerose tanto le voci, quanto i punti di vista. Adriano Favole, antropologo, ha aperto le danze parlandoci dei tabù alimentari e riflettendo, anche in dialogo con la posizione dell’autrice Mary Douglas, sulla loro possibile origine. In che modo i cibi diventano tabù? Qual è la ragione di tale proibizione? La risposta più convincente tra quelle fornite è stata, a mio avviso, quella di tipo simbolico, cioè in riferimento al fatto che la scelta di ciò che decidiamo di mangiare o non mangiare sia inscritta in una certa autodeterminazione di un popolo. È stato poi il turno di Luisa Stagi, sociologa, che ha approfondito ulteriormente la comunicazione e la rappresentazione nella società e sui social del cibo, con particolare riferimento al “Food Porn” o alla pratica dei mukbang. Entrambi i fenomeni vengono letti, in chiave foucaultiana e alla luce anche di alcune riflessioni di Bauman, come pratiche di edonismo mentale, e cito, “sublimazione di ciò a cui non possiamo accedere” trovandosi infatti in mezzo alla contraddizione e polarità del mangiare bene e abbondantemente ma tenendo comunque conto della dieta, responsabilità lasciata totalmente al singolo come il compito di Atlante. Incarico non meno complesso è stato infine quello di Stefania De Pascale, professoressa di Orticoltura e Floricoltura, che ha parlato dell’importantissimo ruolo svolto dall’agricoltura nella Storia e dell’impatto che questa ha in ambito spaziale e per il nostro futuro, vista la quantità elevata di risorse che saranno necessarie per la nostra sopravvivenza. Saranno infatti i cereali, i tuberi e le leguminose a giocare una funzione chiave in questo processo di ricerca, di cui Ridley Scott si è già dimostrato interessato nella sua pellicola del 2015 The Martian (anno in cui peraltro è stata cresciuta nello spazio e mangiata la prima lattuga romana rossa). La giornata è poi proseguita in mezzo a colori, cartoncini, matite e fogli, alla Fabriano Boutique. "Libri in un minuto… in un’ora… in un giorno…" e nel mio caso in più o meno venti minuti. A questo evento, non solo è stato possibile osservare le opere e i lavori dei partecipanti del laboratorio di progettazione di ORIGAMI DO ma anche provare in prima persona. Luisa Canovi ha mostrato a ciascuno di noi, piega dopo piega, come realizzare il proprio libretto con solo 5 fogli e un cartoncino colorato. Un ottimo esercizio manuale che mi ha aiutata anche a staccare per un po la testa’ nella frenesia della città in festa e di apprezzare un’arte così delicata ma resistente come quella degli origami.
Alice Carrier-Ragazzi
Una giornata densa di emozioni quella del 16 novembre, in cui si è fatto ancora più vivo in me quel sentimento e quella spinta di voler sentirmi umana. Essere umano implica non essere solo uno studente, un lavoratore, esecutore di mansioni per il raggiungimento del successo o del denaro. Umano significa vivere e chiedersi perché lo si fa; guardare la realtà andando oltre e analizzandone le innumerevoli sfaccettature non rimanendone indifferente. La scrittura rappresenta, a mio avviso, la più grande lotta contro l’indifferenza; essa dà voce, per esempio, ai giovani adolescenti in perenne conflitto con se stessi e col mondo e dà voce a un popolo sempre più scontento dei suoi rappresentanti. Ascoltare la voce di coloro che da vicino hanno vissuto la lotta politica e sentire che i problemi avvertiti da noi giovani sono così reali; scoprire che coloro che ci appaiono così lontani, bloccati nella cornice della televisione, sono in realtà più vicini a noi di quanto pensiamo, pronti a tenderci la mano per lottare insieme al bene comune, ha ridestato in me la speranza che forse qualcosa possa cambiare.. Questa speranza è ciò che mi fa sentire pienamente viva, come donna e non solo come studentessa e futura lavoratrice. Il concorso letterario Pulse nasce dalla Fondazione Uspidalet, un’organizzazione di beneficenza per l’ospedale pediatrico di Alessandria, che si è accorta della potenza delle parole e della loro grandezza nell’accendere anche i piccoli cuori sofferenti. Dunque, i migliori tra le 3 categorie “Romanzi”, “Inediti” e “Graphic Novel” saranno premiati alle finale del 28 novembre ad Alessandria. I romanzi e i graphic novel ci permettono di avere uno sguardo privilegiato sul mondo degli adolescenti, attraverso gli occhi degli adulti. Gli inediti, invece, rappresentano la voce diretta di coloro che, come sostiene lo psicologo Bruner, si trovano giorno per giorno a lottare con ciò che si è e ciò che si vuole essere, e che hanno scelto la narrazione per fare ordine. Dunque, ancora una volta si evince come la scrittura sia massima espressione del mondo e delle sue complessità, senza la quale non ci rimane che vivere una vita a metà . I libri, in fondo, dicono ciò che molti sentono, ma che non riescono a dire, o ciò che l’estenuante routine e il susseguirsi delle faccende del tempo non ci consentono di notare. Cosa sarebbe un mondo, di cui non è tracciabile l’esistenza, se non un mondo fantasma? Ed in un libro che Pierpaolo Farina traccia il percorso di Enrico Berlinguer, colui che incarna la corretta definizione di politico, in quanto rappresentante del popolo, di un popolo che da lui si sente rappresentato e nel quale ripone la sua fiducia. Oggi la maggior parte della popolazione italiana non esercita il suo diritto al voto, poiché non crede che il suo voto possa cambiare le cose. Berlinguer era “l’uomo dai pensieri lunghi” , poiché avanzava e cercava il confronto, la discussione, i pensieri articolati, molti dei quali sono riportati testualmente nel libro di Pierpaolo Farina. Come sostiene Franco Cazzaniga, presidente della Fondazione Elio Quercioli, si vuole cercare di ricreare una comunità che si metta in moto per un progetto comune, ben definito e che ristabilisca un contatto diretto col popolo. Solo così si può smettere di voler aggiustare la realtà e, piuttosto, costruire un mondo nuovo. Come ristabilire questo contatto tra i cittadini? Nell’intervento di Maria Berlinguer si evince come i giovani di oggi abbiano un sincero interesse verso il bene comune e la politica, benché non riescano ad esercitarlo nel concreto. Ciò accade poiché una volta i luoghi di riunione attiva erano molto più diffusi e accessibili - basti pensare all’oratorio o alle scuole di partito. Al giorno d’oggi, invece, vi è una carenza di luoghi fisici in cui incontrarsi per condividere ed esercitare nel concreto questo interesse verso la comunità. Inoltre, i giovani di oggi non hanno più un senso di appartenenza ad una comunità a un’ideale o a un’organizzazione. Sonia Franceschini, figlia di Dante Franceschini, partigiano e membro della scorta di Enrico Berlinguer, racconta che, quando aveva 15 anni e lottava col PCI per la guerra nel Vietnam, suo padre le assicurava che in qualsiasi città fosse andata, la sezione del PCI di quel luogo le avrebbe garantito vitto e alloggio e lei si sarebbe sentita come a casa. Dunque, si evince un senso di appartenenza a una comunità, che nei giovani di oggi è diventato sempre più uno sparuto evento. «Homo sum, humani nihil a me alienum puto» scriveva Terenzio, ma oggi è ancora così? Vi è un’indifferenza diffusa per le attuali guerre in atto. Siamo consapevoli degli orridi spargimenti di sangue. Ma restiamo fermi, inerti, a guardare. Ci si accorge dell’importanza della pace solo quando essa viene a mancare. Non ci accorgiamo quanto siamo sempre più vicini alla possibilità di perderla. Possiamo scegliere di vivere di nostalgia di un passato da molti di noi mai vissuto o di vivere oggi per un futuro migliore, servendoci di quei valori e quegli insegnamenti dei grandi della Storia, fra cui Enrico Berlinguer, che la scrittura tiene protetti al sicuro. Essa è massima espressione del mondo e delle sue complessità, senza la quale non ci rimane che vivere una vita a metà. Cosa sarebbe un mondo, di cui non è tracciabile l’esistenza, se non un mondo fantasma?
Myriam Aprile